Donne in pensione a 65 anni

05-03-2009 -

ROMA - Tecnici del governo al lavoro sull´ipotesi di equiparazione dell´età di pensionamento delle donne nel pubblico impiego per adeguare l´Italia alla sentenza della Corte di Giustizia europea che aveva evidenziato una discriminazione in base al sesso nel regime pensionistico dei dipendenti pubblici italiani. Una "riflessione" che sarà
esposta alla Commissione a stretto giro di posta per un primo parere informale e preliminare sul criterio di flessibilità e gradualità scelto dall´esecutivo e giudicato dai tecnici del governo uno "snodo fondamentale" mentre giovedì dovrebbe essere fissata la data dell´incontro ufficiale. Un disegno comunque che prevedrebbe dal 2010 l´aumento graduale dell´età per andare in pensione di vecchiaia per le dipendenti pubbliche fino a 65 anni nel 2018 con una ´scalettatura´ che sancirebbe, dal primo gennaio del prossimo anno, uno ´scatto´ in avanti del requisito di un anno ogni 24 mesi, raggiungendo dunque l´effettiva parificazione nel 2018. L´ipotesi di innalzamento, però, non piace alla Cgil: "Un inaccettabile accanimento contro le donne nascosto dietro l´ipocrisia della cosiddetta gradualità", afferma il segretario confederale del sindacato Morena Piccinini. "E´ veramente assurdo e paradossale - aggiunge - pensare ad un aumento dell´età pensionabile delle donne in un momento di crisi come
quello che stiamo vivendo. Prima di pensare ad una parificazione sarebbe invece giusto parificare altre questioni, a partire dall´occupazione, dalle retribuzioni, dal lavoro". Per Piccinini, "il governo continua a sollecitare pareri di esponenti europei per trovare alibi alla propria idea di fare cassa sulla pelle delle donne. Per altro è dimostrato che il risparmio sulla spesa pensionistica sarebbe irrisorio, dato il basso numero di donne pubbliche dipendenti che già ora accedono al pensionamento di sessant´anni. Ma sarebbe rilevantissimo il risparmio sulla indennità di buona uscita, il che significa che il governo si appropria in modo indebito di competenze già maturate e che dovrebbero essere nella piena disponibilità di quelle lavoratrici". Piccini ritiene poi essere "una finzione inaccettabile l´affermazione che questi provvedimenti riguarderebbero solo il settore pubblico, dal momento che quell´aumento si trasmetterebbe inevitabilmente anche alle lavoratrici del settore privato provocando un effetto dirompente sul piano della occupabilità delle donne". "Il problema vero - continua - è che il governo usa la crisi per ridisegnare e comprimere tutto lo stato sociale e ridurre i diritti dei soggetti più esposti nel mercato del lavoro. L´applicazione della sentenza della Corte di Giustizia europea - conclude Piccinini - è solo una patetica scusa, la
questione vera è: tagli, tagli e ancora tagli". "Non è attraverso l´equiparazione dell´età pensionabile delle donne, come sostiene l´Europa, che si rende giustizia alle discriminazioni cui sono soggette
le lavoratrici. La risposta del governo alla Ue sull´aumento dell´età pensionabile delle donne non può prescindere dalla volontarietà, quale elemento cardine per lasciare alle lavoratrici libertà di scelta". Lo dichiara i l segretario generale d el l´Ugl, Renata Polverini, rimarcando come "nel comparto pubblico di fatto le lavoratrici ritardano l´uscita dal lavoro e il timore è che, al di là degli adempimenti nei confronti dell´E uropa, si tenti di scaricare i costi della crisi sui lavoratori, in questo caso sulle donne". Da più parti, aggiunge Polverini, "registriamo appelli per una riforma delle pensioni che sarebbe quanto mai inopportuna in un momento di crisi quale quello che stiamo attraversando". Sono "ben altri - conclude - gli interventi necessari per colmare i tanti gap, a cominciare da una disparità salariale, delle donne costrette a fare i conti con minori opportunità di accesso e permanenza nel mercato del lavoro a causa soprattutto di un welfare deficitario che non aiuta la famiglia e fa gravare sulle donne l´onere di conciliare lavoro e famiglia".


Fonte: Corriere del Giorno