Ilva, chiude l´Acciaieria 2 - Reparto strategico, nuovo di zecca. Altri 800 in Cig

10-03-2009 -

«Hanno chiuso un impianto simbolo dell´Ilva. Peraltro nuovo di zecca. Ora occorre che ci sia un intervento del governo». Mastica amaro Rocco Palombella, segretario provinciale della Uilm, dopo la decisione del colosso siderurgico tarantino di chiudere l´Acciaieria due. Il provvedimento si inquadra nella strategia di riduzione della produzione imposta dalla crisi del mercato dell´acciaio, dettata dalle percentuali negative dei settori delle auto e degli elettrodomestici. La nuova chiusura, in realtà, è destinata a scostare di poco i numeri dei lavoratori destinati alla cassa integrazione che è stata rinnovata di altre tredici settimane a partire dal 2 marzo. In Cig, infatti, finiranno migliaia di lavoratori con una punta massima di poco superiore alle 5mila unità.

Un taglio drastico che fa il paio con la riduzione del 50 per cento della produzione Ilva, praticamente a secco di commesse. «Sono numeri importanti e non possono che preoccupare ï´´ aggiunge Palombella - Se dovessero adottare altre riduzioni si dovrebbe parlare di chiusura. Per questo credo sia necessario chiamare al tavolo il governo. Non per invocare aiuti, ma per gestire al meglio gli effetti di una crisi internazionale che si ripercuote sugli operai e sulle loro famiglie». A breve i sindacati avranno un incontro con il gruppo Riva. Si tornerà a parlare di cassa integrazione, dopo che l´ultima intesa con l´azienda è stata sottoscritta solo dalla Fim, mentre Fiom e Uilm l´hanno respinta.

«Mi insospettisce il fatto che l´azienda abbia parlato nuovamente di crisi finanziaria - aggiunge Beppe Lazzaro, segretario provinciale della Fim - Per la cassa integrazione i numeri non cambieranno perché abbiamo firmato un accordo dignitoso». Sul piano sindacale, però, monta la preoccupazione per i picchi negativi di mercato che stanno mettendo in ginocchio l´Ilva. Sono in corso colloqui tra gli esponenti delle tre sigle per mettere in cantiere una iniziativa comune, mettendo da parte le divergenze degli ultimi tempi. Si discute della possibilità di indire una manifestazione per portare all´esterno della grande fabbrica il disagio di operai che in alcuni casi da dicembre tirano avanti con settecento euro al mese.

Fonte: LA REPUBBLICA.IT