Ma chi c...sei? Se il capo provoca è permesso rispondere così.

21-03-2009 -

Non è una frase da punire. Tanto meno vale come causa di licenziamento.
Il lavoratore rimproverato dal capo può reagire con un "Chi c... credi di essere" senza che venga lasciato a casa. Parola della Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale l´espressione va inquadrata come semplice "reazione emotiva ed istintiva del lavoratore ai rimproveri ricevuti", escludendone quindi "l´ascrivibilità ad un´ipotesi di vera e propria insubordinazione".
In questo modo la sezione lavoro (sentenza 6569) ha respinto il ricorso di un´azienda napoletana, l´Alma Mater che si era opposta alla reintegrazione di un proprio dipendente, un ausiliario addetto al servizio stoviglie, che rimproverato dall´amministratore della società per il lavoro che stava svolgendo, di tutta risposta gli aveva detto "Chi c... ti credi di essere, se sei un uomo esci fuori, non ti faccio campare più tranquillo". Una risposta che, insieme ad altre inottemperanze contestate dall´azienda, era costata al lavoratore S. M. il licenziamento intimato il 18 giugno del 2002.
L´ausiliario addetto al servizio stoviglie era stato poi reintegrato dal giudice del lavoro di Napoli e dalla Corte d´Appello del capoluogo campano nel maggio 2005. Contro la riassunzione del dipendente che aveva osato rispondere al capo F. C., l´azienda ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo, tra l´altro, l´insubordinazione del lavoratore nei confronti del dirigente.
Piazza Cavour ha respinto il reclamo dell´azienda e ha sottolineato che "la Corte territoriale con apprezzamento incensurabile ha ritenuto che le espressioni irriguardose ma non minacciose rivolte da S. M. all´amministratore andavano valutate nel complessivo contesto in cui erano state pronunciate, caratterizzate da un alterco intervenuto fra i due e ritenendole, con plausibile valutazione, effetto di una reazione emotiva ed istintiva del lavoratore ai rimproveri ricevuti, escludendone l´ascrivibilità ad un´ipotesi di vera e propria insubordinazione e, comunque, la particolare gravità contrattualmente richiesta per potersi fare applicazione della sanzione espulsiva".
Ora il caso dovrà essere riconsiderato nuovamente dalla Corte d´Appello di Napoli che ovviamente

Fonte: Panorama.it